Il monologo della solitudine. Personaggi dalla
vita vuota e triste, che hanno come unica attività quella di interrogarsi sul
senso della vita. Una vita passata a chiedersi che senso ha la vita
dimenticandosi di viverla. In verità, l’unico e continuo monologo è quello
dell’autrice: Ascolta la mia voce è un tedioso soliloquio permeato da solitudine
e malinconia, sentimenti che in questo caso sembrano sterili e improduttivi. La
stessa protagonista vaga da una situazione all’altra avvolta nel suo vuoto
esistenziale. I personaggi sono soltanto scuse per continuare il monologo utilizzando
la loro voce, ma è sempre la stessa. Le riflessioni di questa “voce” mi
sembrano viaggiare su un’unica superficie, senza particolare evoluzione. Il
libro mi è capitato in mano per caso, mentre sistemavo la libreria: mi sono
ricordata che anni fa lo avevo iniziato e poi abbandonato, e leggendolo mi è
tornato a mente il perché. Ho voluto resistere fino alle ultime pagine, ma che
noia!
Arturo ed Elide sono due giovani sposi, entrambi operai, e a causa dei turni di lavoro sfasati non riescono a incontrarsi che per brevi attimi ogni giorno, quando uno entra in casa e l’altro sta per uscire. La loro vita è, dunque, scandita dagli orari della fabbrica, caratterizzata da azioni abitudinarie e ripetitive che si caricano però di struggente intensità, garbatamente colta e acutamente espressa dall a voce dello scrittore ligure. Vale la pena riportare alcuni passi in cui la descrizione realistica di piccole azioni e gesti quotidiani si carica di un phatos commovente e persino drammatico, come in una pellicola neorealista. L’intensità dei fuggevoli sguardi, le piccole carezze, la presenza nell’assenza, i sentimenti trattenuti, non possono lasciare indifferente chi conosce l’emozione dell’amore. Forse, Arturo ed Elide, imprigionati dal condizionamento del turno in fabbrica, diventano l’emblema di tutte le coppie e del loro eterno desiderio di ritrovarsi. “