Una recente, personale, curiosità verso la città di Trieste mi ha portato a prendere in mano un libro che avevo abbandonato nella mia libreria, comprato da tempo immemore e poi lasciato lì, dimenticato, in attesa che arrivasse il momento giusto. Ammetto che verso Susanna Tamaro ho nutrito parecchio pregiudizio: una scrittrice “melensa”, su cui in diversi non hanno risparmiato una certa ironia. Questo mi ha sicuramente trattenuto, fino a quando, un pomeriggio afoso di inizio agosto, spinta da uno stato d’animo consono a tale pregiudizio, ho ritrovato il libro, aperto anche con la curiosità di carpire un punto di vista sulla città friulana. I pregiudizi non si sono rivelati del tutto infondati, però mi sono fatta trascinare dal ritmo di una narrazione intima e “sentita”, protesa verso le grandi domande sul senso della vita, sulle nostre radici e su ciò che ha realmente valore ed è la base per costruire l’avvenire; quesiti che prima o poi si devono affrontare, a meno che non si vi
Libri, recensioni e qualche divagazione per lettori curiosi