“Maledetto sia Copernico!
- Oh oh oh, che c’entra Copernico! – esclama don Eligio, levandosi su la vita, con il volto infocato sotto il cappellaccio di paglia.
- C’entra, don Eligio. Perché, quando la Terra non girava…
- - E dàlli! Ma se ha sempre girato!
- - Non è vero. L’uomo non lo sapeva, e dunque era come se non girasse. Per tanti, anche adesso, non gira. L’ho detto l’altro giorno a un vecchio contadino, e sapete come m’ha risposto? Ch’era una buona scusa per gli ubriachi. […] Siamo o non siamo su un’invisibile trottolina, cui fa da ferza un fil di sole, su un granellino di sabbia impazzito che gira e gira e gira, senza saper perché, senza pervenir mai a destino […]”.
- Oh oh oh, che c’entra Copernico! – esclama don Eligio, levandosi su la vita, con il volto infocato sotto il cappellaccio di paglia.
- C’entra, don Eligio. Perché, quando la Terra non girava…
- - E dàlli! Ma se ha sempre girato!
- - Non è vero. L’uomo non lo sapeva, e dunque era come se non girasse. Per tanti, anche adesso, non gira. L’ho detto l’altro giorno a un vecchio contadino, e sapete come m’ha risposto? Ch’era una buona scusa per gli ubriachi. […] Siamo o non siamo su un’invisibile trottolina, cui fa da ferza un fil di sole, su un granellino di sabbia impazzito che gira e gira e gira, senza saper perché, senza pervenir mai a destino […]”.
Per chi non lo avesse riconosciuto, il brano è tratto da “Il fu Mattia Pascal”, durante uno dei dialoghi più noti tra il protagonista e Don Eligio, che con lui custodisce la Biblioteca Boccamazza.
Riprendere in mano i classici, persi dai tempi della scuola, permette di rileggerli con occhi diversi. Ecco che il “Mattia Pascal” mi si ripropone con uno spirito divertito e molto più scanzonato di quanto non ricordassi, che ritorna alla memoria insieme all’acutezza pirandelliana dei temi che ne sono l’ossatura, quali la libertà individuale e il suo rapporto con le convenzioni sociali, il doppio, l’assurda commedia dell’esistenza, il relativismo delle nostre convinzioni e l’impossibilità di vivere pienamente, aderendo ad una realtà mutevole e limitata.
Ne è un bell’esempio la “laterninosofia” esposta da uno dei personaggi, Anselmo Paleari: l’uomo ha la sfortuna di avere coscienza della propria vita la cui caratteristica è la mutevolezza, il “lanternino che ciascuno di noi porta in sé acceso; un lanternino che ci fa vedere sperduti su la terra […] che proietta tutt'intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l'ombra nera”.
Per rispolverare la mente, eccone la trama in breve.
Mattia Pascal vive a Miragno, immaginario paese ligure. Il padre ha lasciato alla famiglia una discreta eredità che andrà dispersa a causa della disonestà dell'amministratore, il Malagna, e della inettitudine dello stesso protagonista. Per vendetta, Mattia compromette la nipote Romilda ed è costretto a sposarla. La vita familiare è un disastro a causa delle moglie e della suocera; umiliante è anche il modesto impiego nella Biblioteca Boccamazza. Mattia decide allora di fuggire in America ma Montecarlo vince alla roulette un'enorme somma di denaro e per caso legge su un giornale la notizia della sua presunta morte. Ha finalmente la possibilità di cambiare vita.
Col nome di Adriano Meis comincia a viaggiare, ma libertà è anche solitudine, così decide di stabilirsi a Roma come pensionante in casa del signor Anselmo Paleari. S'innamora di sua figlia, Adriana, e vorrebbe proteggerla dalle mire del cognato Terenzio. A questo punto si accorge che la nuova identità fittizia non gli consente di sposarsi, né di denunciare Terenzio, perché Adriano Meis per l'anagrafe non esiste. Simula, allora, un suicidio per poter riprendersi la vera identità. Tornato a Miragno, dopo due anni nessuno lo riconosce; la moglie è ormai risposata con il suo migliore amico ed è madre di una bambina. Non gli resta che chiudersi in biblioteca a scrivere la sua storia e portare ogni tanto dei fiori sulla sua tomba.