Una scrittura lirica, spiazzante, che tocca corde profonde senza mai scivolare nel sentimentale, tagliente e asettica, ma ugualmente vibrante. Handke, discusso premio Nobel per la letteratura 2019 (per le sue posizioni filo-serbe durante il conflitto della ex Juogslavia), racconta sua madre dopo il suicidio, avvenuto realmente nel 1971 quando lei aveva 51 anni. Rimettere in fila a ritroso una selezione di situazioni e ricordi che la riguardano sembra avere il fine di riallacciare il contatto con il genitore, come se lei si fosse materializzata soltanto dopo la scomparsa. Questa è una storia di continue privazioni, di rinunce e frustrazioni del desiderio di vivere e realizzarsi, di ricerca inutile dell’identità di una donna in un difficilissimo momento storico, la prima metà del XX secolo, tra la Carinzia, regione a vocazione agricola strozzata dalla grande crisi economica, e la Berlino nazista. Non ci sono riferimenti politici, né giudizi, ma solo la percezione di atmosfere. L
Libri, recensioni e qualche divagazione per lettori curiosi