Togliamoci dalla testa che oggi esistano dei libri capaci di dare delle risposte. Chi lo annuncia, mente sapendo di mentire. Il titolo di questo piccolo saggio può trarre in inganno, ma in buona fede, perché da subito è chiaro che si tratta di una riflessione filosofica e antropologica e non di un manuale per imparare a essere felici, "malgrado tutto".
"Negli stereotipi più diffusi la felicità non ha soltanto un luogo, ma anche una forma: quella della casetta destinata a ospitare una felicità intima e segreta ("due cuori e una capanna"), che rappresenta al tempo stesso il più diffuso, il più "modesto" e il più ambizioso degli ideali." Inizia così Marc Augè, famoso etnologo che ha sviluppato un'antropologia del quotidiano basata sul concetto del non-luogo, uno spazio della socialità moderna in cui prevale l'assenza di storia, identità e relazioni. Un supermercato, ad esempio. O un aeroporto, dove transitano continuamente le persone nella loro condizione di anonimato. Questo piccolo libro intende esplorare l'identità del singolo, delle relazioni con gli altri, in rapporto allo spazio e al tempo. Il concetto di luogo, ad esempio, non è banalmente "la quintessenza della perfezione sociale" e il non-luogo la sua negazione: solo il singolo individuo può decidere se è felice nella "perfezione delle relazioni sociali", che possono diventare anche un limite alla libertà individuale e una gabbia dalla quale fuggire. E' anche vero che vivere senza relazioni è, se non impossibile, estremamente difficile e "l'individualità assoluta è impensabile". Quindi? Scrive Augé: "E' sempre la combinazione di identità e alterità a conferire all'individuo la sua piena esistenza e a condizionare quella che chiamerei la sua capacità di felicità."