Lo confesso: seguo il prof.
Barbero, le sue appassionate conferenze pubblicate su YouTube e dai Podcast, lo
apprezzo quando interviene nelle trasmissioni di storia su Raitre per il suo
entusiasmo e la chiarezza espositiva con cui coinvolge il pubblico. La storia
diventa un romanzo ricco di spunti e curiosità, interessante per tutti.
Insomma, un grande divulgatore con la marcia in più della simpatia. Proprio
ascoltando una delle sue conferenze, vengo a sapere che non solo è uno storico,
docente universitario eccetera eccetera, ma si è anche avventurato nei
territori della narrativa, naturalmente con ambientazione storica. Le ateniesi
è un libro che parla di donne, e anche di uomini ovviamente, ma sono loro le
protagoniste in un momento storico e in un luogo, l’Atene del IV secolo a.C.,
dove in realtà vivevano in una condizione di pesante marginalità. In pratica,
in fondo alla scala sociale, solo un po’ più su degli schiavi. Se poi si era
donna e schiava, il disastro era totale! A Sparta andava un po’ meglio: qui le
donne potevano studiare e praticare sport, insomma erano un po’ più emancipate,
usando un termine moderno per riferirsi ad una condizione di maggiore libertà.
A Sparta, però, c’era un governo oligarchico, molto diverso rispetto ai
principi democratici di Atene. In quella fase storica, quando nella capitale
dell’Attica la democrazia dava segni di profonda stanchezza, emergevano tutte
le contraddizioni di una società consumata da guerre infinite e dalla solita,
eterna lotta, tra forti e deboli, e per forti s’intendono i ricchi. I deboli
non solo gli schiavi e le donne, appunto, ma anche coloro che, nonostante
mantenessero lo status di cittadini, erano in condizione di povertà.
L’analisi della democrazia, vista
in filigrana rispetto alla democrazia moderna, mi ha subito interessato. In più
Barbero, durante la conferenza, non ha nascosto di aver ricalcato un episodio
di cronaca degli anni Settanta, il terribile massacro del Circeo, dove due
ragazze furono violentate e massacrate (una morì) da tre giovani rampolli dei
Parioli, figli di famiglie piuttosto benestanti. Secondo il professore, è stato un orribile fatto di cronaca che ha segnato una generazione, maturato in un certo contesto culturale e politico di quegli anni. Si era
palesata brutalmente la prepotenza di coloro che si ritenevano per diritto i
padroni nei confronti del popolo, di cui quelle povere ragazze erano
espressione e che consideravano prede, verso le quali non mostrarono alcuna
pietà. Ecco che scatta il collegamento: nell’antica Atene le donne, soprattutto
se povere o addirittura schiave, erano alla mercé degli uomini.
Queste premesse si intrecciano
con un altro filone nel romanzo, una riscrittura in prosa della Lisistrata, commedia
di Aristofane in cui quel mondo, il mondo di Atene, sembra ribaltarsi. Tutte le
donne della Grecia un giorno prendono il potere e decidono di usare le uniche
armi che hanno: fanno lo sciopero del sesso per obbligare gli uomini a fermare
la guerra. E’ solo una commedia, certo, ma attraverso di essa vediamo
specchiarsi la società ateniese di quegli anni, quando covava la tentazione
della tirannia da parte di coloro che si ritenevano i “migliori”. Barbero si
diverte e mettere in scena la Lisistrata, in una versione fedele, che oggi ci
appare molto scurrile, con continui riferimenti sessuali espliciti e doppi
sensi, fermo restando che la donna rimane un oggetto fino a quando decide di
usare quell’arma per ottenere in cambio la pace. Onore alle donne. Nel
frattempo, però, si consuma la tragedia: due fanciulle del popolo cadono nella
trappola di tre terribili rampolli ricchi che le sottopongono a ogni genere di
sevizia. La descrizione delle violenze è insopportabile, pesantissima, e si
alterna alla commedia che gli ateniesi stanno seguendo nell'anfiteatro. Non dico
nulla di più se non che ci rimane la denuncia dell’atavica violenza sulla donne
e anche qualche appunto sui limiti della democrazia, che però rimane
evidentemente la scelta più giusta.