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M, il figlio del secolo, di A. Scurati



Questo libro-documentario racconta gli anni dell’ascesa al potere di Benito Mussolini, dal travagliato biennio rosso fino all’uccisione di Giacomo Matteotti, che sancisce il definitivo passaggio alla dittatura. Una sorta di autobiografia immaginaria, scritta con l’intenzione di essere una fedele ricostruzione storica. Oggi possiamo guardare negli occhi il nostro passato e interrogarci su chi siamo senza avere paura del lato oscuro. Raccontare questa storia, che può essere definita - usando un termine anglosassone - come una non fiction novel, adesso è possibile perché è caduta quella pregiudiziale antifascista che è stata storicamente necessaria per un periodo, ma poi è diventata un paravento per qualcuno. Non significa che questo romanzo sdogani la figura di Mussolini, l'innominato. Non vuol dire che chi lo legge diventa fascista, anzi. Possiamo dire che è un libro che contribuisce alla conoscenza di questa parte della nostra storia, che sta consentendo di parlarne al di là di un certo antifascismo di maniera, e proprio per questo libera il pensiero sia dai pregiudizi che da ammiccamenti. M è presentato, forse per la prima volta, fuori della retorica, in modo non caricaturale ma nemmeno agiografico; il libro ne descrive sia la vicenda storica che lo riguarda, ricchissima di dettagli, frutto di un'intensa ricerca documentaria, sia il suo lato di uomo, anche questa parte sempre testimoniata, mai lasciata all'inventiva dell'autore. "Se siamo in un paese sano - ha spiegato Scurati - questo libro farà bene. Noi oggi viviamo sul metro corto della cronaca e abbiamo più che mai bisogno di storia, di un sentimento più ampio del tempo". Ecco perché ora possiamo confrontarci senza veli con questo momento storico. 
Perché M ha vinto? Al di là delle considerazioni su quanto è avvenuto e sul giudizio storico, il suo genio politico è stato quello di scommettere sempre sul peggio. Non significa che dobbiamo essere negativi. Significa che dobbiamo conoscere la storia, capirla per poter andare avanti e cambiare pagina.
Fin dalle prime pagine sono stata entusiasta dello stile di questa narrazione, che racconta l'ascesa del fascismo guardandolo attraverso gli occhi e la mente del protagonista. Ne emerge una visione nuova, sempre ancorata ai fatti realmente accaduti, ricca di vicende minuziose e di sensazioni, quasi potremmo aggiungere di odori e rumori che ci arrivano dalla storia. Si delineano figure imponenti, come quella di Gabriele D’Annunzio, nella sua affascinante quanto bizzarra impresa di Fiume, e Margherita Sarfatti, amante di un uomo ancora in cerca della sua dimensione; una donna di cultura capace di contribuire alla costruzione della personalità del futuro Dux. Poi, intorno, un circo di nani e ballerine, di emarginati, delusi, spaventati, pavidi e titubanti in una fase storica di profonda incertezza: gli Arditi traditi dal presente, i Futuristi con le loro spavalderie, le prostitute sifilitiche delle periferie, i socialisti nell’inutile attesa della rivoluzione… Ad un certo punto sono incappata in un errore a cui stentavo a credere: “La grande proletaria si è mossa”, la celebre definizione di Pascoli pronunciata nel discorso a sostegno dell’intervento in Libia, attribuita a Giosuè Carducci. La svista dell’autore (e anche di chi si è occupato dell’editing) non inficia un lavoro così meticolosamente documentato, anzi ne testimonia l'imponente fatica che si è tradotta in un volume di quasi 850 pagine. Un libro da leggere, un consigliato e impegnativo viaggio alle radici della nostra moderna italianità.

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