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L’avversario, di Emmanuel Carrere


Jean-Claude Romand vive un’esistenza irreprensibile: medico affermato presso l’Oms di Ginevra, marito e padre amorevole, conduce una vita nei canoni del contesto dell’agiata borghesia del Jura, in Svizzera. Porta i bimbi a scuola, partecipa a ritrovi con gli amici, è membro attivo della comunità, organizza gite con la famiglia… Fino a quando tutto il mondo si sgretola, come un quadro lacerato o il riflesso di uno specchio andato in pezzi. La villetta della famiglia Romand brucia in un incendio. Vengono trovati privi di vita i due bambini e la moglie Florence. L’unico a sopravvivere è proprio lui, Jean-Claude, sia pure subito venga trovato in condizioni disperate. Dopo un periodo di coma, riapre gli occhi. Nel frattempo la polizia viene a sapere che nessun Jean-Claude Romand lavora all’Oms di Ginevra e che il suo nome non risulta in alcuna lista di medici svizzera. Anzi, Jean-Claude Romand non si è mai laureato in medicina. Pare abbia sostenuto solo qualche esame, poi più nulla. Da un certo momento in poi, c’è il black out. Jean-Claude Romand ha continuato a vivere come se tutto stesse andando come sarebbe dovuto andare. La laurea, il matrimonio, i figli… Nel paese in cui viveva lo vedevano come persona rispettabile e per bene, che andava a messa con la famiglia, accompagnava i bambini a scuola e partecipava alle riunioni del consiglio della scuola cattolica frequentata dai figli… Com’è possibile che una persona del genere abbia, ad un certo punto, ucciso moglie e figli, e poi dato alle fiamme la sua casa? E oltre a loro, anche i suoi anziani genitori vengono trovati uccisi. Le prove non lasciano spazio al dubbio: il responsabile è sempre lui, Jean-Claude.
 
Ad esserne totalmente sconvolto è innanzitutto il suo miglior amico, Luc, brillante e integrato, che in tutti quegli anni non ha mai avuto un dubbio su colui che considerava una delle persone migliori e più affidabili al mondo. Ha trascorso con Jean-Claude Romand buona parte della giovinezza, gli studi universitari e condiviso tanti momenti della vita familiare di entrambi. Si sente come un naufrago che non trova più la terra ferma sotto i piedi. Possibile che nessuno si sia accorto di quanto stava accedendo? Nessuno abbia mai avuto un sospetto? Di cosa viveva Jean-Claude? Come faceva a mantenere quel tenore di vita se non aveva nemmeno un lavoro? Come trascorreva le sue giornate? Un abisso buio.
 
Emmanuel Carrere, nel raccontare questo fatto di cronaca realmente accaduto, si pone il problema del punto di vista: come raccontare una storia del genere, così inverosimile della sua cruda realtà? Carrere, sceglie principalmente il proprio punto di vista, quello dello scrittore irrimediabilmente attratto da una storia che mette a nudo il labile confine tra la normalità e la follia, un personaggio incapace di entrare in contatto con il suo vero io che finisce per costruirsi una vita interamente basata sulla menzogna, e quando questa non regge più, non ha altra via se non quella della morte. Ma, peccato per lui, pur meditandolo, non riesce a suicidarsi, probabilmente perché non lo vuole veramente, e allora cancella quanto intorno a lui è attaccato a quella enorme bugia. L’avversario di se stesso è sempre lui, “colui che la Bibbia chiama Satana” (E. Carrere).
 
Scrive Piero Citati: “Lo scrittore francese ripercorre le tappe dell'esistenza del protagonista, ce lo descrive bambino solitario, figlio unico desideroso di compiacere le aspettative dei genitori, adolescente forse iperprotetto, ragazzino giudizioso, calmo e obbediente, goffo nei rapporti con l'altro sesso, ma più intelligente della media. Carrere cerca di approfondire, di superare gli schemi riduttivi della psichiatria, di andare oltre la descrizione dei semplici fatti, per tentare di restituirci la personalità autentica dell'omicida. E alla fine, se non affetto, riesce a provare sincera compassione per quest'uomo enigmatico che, cercando di fare il bene, non riesce che a operare il male”.   

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