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L’abito di piume, di Banana Yoshimoto


Leggero, evanescente, un disegno a matita. Questo romanzo della nota scrittrice giapponese scorre velocemente, oppure lentamente, come il fiume del paese natale della protagonista, Hotaru, nel quale ritorna per allontanarsi da una delusione sentimentale. Dopo aver abitato per otto anni a Tokyo dove ha vissuto un’intensa relazione con un uomo sposato che l’ha assorbita totalmente, Hotaru decide di tornare a casa per ritrovare pace, serenità e anche l'identità, appannata dalla storia d’amore appena chiusa. E’ un ritorno all’infanzia in una dimensione di onirica spiritualità: tutti i personaggi che incontra sembrano pervasi da un’aurea di magia. La nonna, che gestisce un caffè che assomiglia più ad una serra, il padre, eccentrico psicologo sempre in viaggio, la madre morta che a tratti ricompare, l’amica Rumi, dotata di una sensibilità oltre il normale che le fornisce gli indizi per ricomporre i tasselli di una storia che la riporta indietro nel tempo. Ed è tramite queste misteriose scie di sogni e ricordi che incontra un ragazzo, Mitsuru, con cui aveva vissuto da bambina una sorta di sogno comune, quando entrambi stavano per morire. Attraverso queste esperienze, Hotaru ritroverà la serenità e la forza di ricominciare una nuova vita. La scrittrice, nella postfazione, ammette di non credere che questo romanzo sia strepitoso, però si augura che qualcuno che attraversa un momento difficile, leggendolo, possa trovare sollievo. Concordo con il suo parere, soprattutto nella prima parte.

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