Leggero, evanescente, un disegno a matita.
Questo romanzo della nota scrittrice giapponese scorre velocemente, oppure
lentamente, come il fiume del paese natale della protagonista, Hotaru, nel quale ritorna per allontanarsi da
una delusione sentimentale. Dopo aver abitato per otto anni a Tokyo dove ha
vissuto un’intensa relazione con un uomo sposato che l’ha assorbita totalmente,
Hotaru decide di tornare a casa per ritrovare pace, serenità e anche l'identità, appannata dalla storia d’amore appena chiusa. E’ un ritorno
all’infanzia in una dimensione di onirica spiritualità: tutti i personaggi che
incontra sembrano pervasi da un’aurea di magia. La nonna, che gestisce un caffè
che assomiglia più ad una serra, il padre, eccentrico psicologo sempre in
viaggio, la madre morta che a tratti ricompare, l’amica Rumi, dotata di una
sensibilità oltre il normale che le fornisce gli indizi per ricomporre i
tasselli di una storia che la riporta indietro nel tempo. Ed è tramite queste
misteriose scie di sogni e ricordi che incontra un ragazzo, Mitsuru, con cui
aveva vissuto da bambina una sorta di sogno comune, quando entrambi stavano per
morire. Attraverso queste esperienze, Hotaru ritroverà la serenità e la forza
di ricominciare una nuova vita. La scrittrice, nella postfazione, ammette di
non credere che questo romanzo sia strepitoso, però si augura che qualcuno che
attraversa un momento difficile, leggendolo, possa trovare sollievo. Concordo
con il suo parere, soprattutto nella prima parte.
Arturo ed Elide sono due giovani sposi, entrambi operai, e a causa dei turni di lavoro sfasati non riescono a incontrarsi che per brevi attimi ogni giorno, quando uno entra in casa e l’altro sta per uscire. La loro vita è, dunque, scandita dagli orari della fabbrica, caratterizzata da azioni abitudinarie e ripetitive che si caricano però di struggente intensità, garbatamente colta e acutamente espressa dall a voce dello scrittore ligure. Vale la pena riportare alcuni passi in cui la descrizione realistica di piccole azioni e gesti quotidiani si carica di un phatos commovente e persino drammatico, come in una pellicola neorealista. L’intensità dei fuggevoli sguardi, le piccole carezze, la presenza nell’assenza, i sentimenti trattenuti, non possono lasciare indifferente chi conosce l’emozione dell’amore. Forse, Arturo ed Elide, imprigionati dal condizionamento del turno in fabbrica, diventano l’emblema di tutte le coppie e del loro eterno desiderio di ritrovarsi. “
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