La distanza che separa oggi genitori
e figli adolescenti è esplorata dallo sguardo acuto e ironico di Michele Serra:
da un lato il senso di inadeguatezza, frustrazione, la fragilità e la tenerezza
dei dopo-genitori (il “dopo-padre” è la definizione emblematica di quest’epoca
post: post-ideologica, post-autoritaria, post-industriale, post-credibile,
post-umana…); dall’altro i figli “sdraiati”, ovvero adolescenti in una
condizione inedita rispetto al passato: iperconnessi e tecnologici, passivi e
apatici eppure con una qualche forma di vitalità imperscrutabile. Anima le riflessioni del padre la segreta
speranza che ci sia questo impeto vitale, nascosto tra le pieghe del divano, in
qualche angolo del negozio di felpe, simbolico tempio dell’edonismo-egoismo
contemporaneo, oppure nello scorrere lungo le vene delle loro protuberanze
cibernetiche. Cosa è rimasto del genitore, non più figura di riferimento autorevole,
disciplinare e simbolica? Quale messaggio educativo è in grado di trasmettere
oggi nel suo schizofrenico oscillare tra necessità di guidare e invocare un
ordine, una disciplina, e la sua incapacità ad essere coerente, lasciando il
figlio in balia di una libertà-anarchia in un mondo foderato di cuscini?
Il libro fotografa alcuni episodi
che raccontano questo complicato rapporto, come le tracce del figlio arrivato a casa,
l’amica Pia, l’incontro con il tatuatore, la giornata della vendemmia nelle
Langhe, il colloquio a scuola, il ritmico e crescente intercalare della
richiesta, che diventa una supplica, da parte del padre di andare insieme al
figlio a fare una gita sul Colle della Nasca. Da sfondo la descrizione di un
progetto narrativo che raccoglie in sé le considerazioni sia personali sia
generazionali del padre: un romanzo intitolato “La Grande Guerra Finale”, dove,
in un futuro apocalittico, si sconteranno in campo aperto la Grande Armata dei
Vecchi e quella dei Giovani.
Chi sono gli adolescenti oggi?
Esseri ipertecnologici che preferiscono la televisione e il pc alla natura?
Consumatori perfetti chiusi nel loro narcisismo autistico? Creature che vivono in un mondo dove "tutto rimane
acceso, niente spento, tutto aperto, niente chiuso, tutto iniziato, niente
concluso". Non si era mai visto niente di simile a questa generazione.
Nessun moralismo in questa affermazione: non è né bene né male.
E’ “solo” una mutazione, "l'evoluzione della specie”. Una trasformazione
antropologica che vede questi figli passare dalla posizione eretta a quella
orizzontale: sdraiati, appunto, circondati da felpe e oggetti tecnologici. Ma
la giovinezza ha la sua forza vitale e alla fine deve vincere, almeno è quanto
spera l’autore. I giovani devono vincere la guerra e i vecchi devono cedere il passo, non devono aver
paura di lasciare loro il posto.
Ed è questo che succedere, inaspettatamente, quando
finalmente e senza un perché, il figlio accetta di andare con il padre sul
Monte Nasca. E mentre il genitore è in preda a mille dubbi e sensi di colpa,
ecco che il figlio, all’improvviso, lo supera chiamandolo “papà” dalla cima del
monte. In questo momento si coglie, con grande intensità, l’emozione del padre
e il suo sollievo nell’avere finalmente la certezza che la vita andrà avanti,
pur con modi e forme diverse. Ma non è forse questa la grande forza della
giovinezza?