Il senso della vita è un tema presente con forza in questo romanzo che ha due insolite protagoniste, figure in incognito, volutamente nascoste dietro l’immagine che la società pretende da loro: una geniale adolescente che finge di essere una normale, banale, dodicenne, e una portinaia dall’aspetto dimesso, che fa di tutto per nascondere una vastissima cultura e un’intelligenza fuori dal comune. Renèe è portinaia in un lussuoso palazzo parigino abitato da una ricca e autoreferenziale borghesia che non è in grado di vedere oltre le scontate apparenze. In quello stesso palazzo risiede anche Paloma, figlia di un noto parlamentare, con una mamma nevrotica e una sorella maggiore perfettamente integrata nel sistema. Le due protagoniste raccontano, in forma di duplice diario, il loro particolare punto di vista, guardando con occhi lucidi e implacabili il mondo che le circonda.
“La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia – scrive Paloma - Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda.Questo toglierebbe all'infanzia alcuni momenti felici, ma farebbe guadagnare un bel po' di tempo all'adulto-senza contare che si eviterebbe almeno un trauma, quello della boccia”.
Questa precoce consapevolezza spinge Paloma a decidere di suicidarsi e bruciare l’appartamento della sua famiglia proprio il giorno del suo tredicesimo compleanno, in attesa del quale si è prefissata di valutare se esistano comunque motivi per vivere:
“In fondo siamo programmati per credere a ciò che non esiste, perché siamo esseri viventi e non vogliamo soffrire. Allora cerchiamo con tutte le forze di convincerci che esistono cose per cui vale la pena vivere e che per questo la vita ha un senso”.
Nonostante assuma la posa della portinaia ignorante, Renée disserta silenziosamente di filosofia, conosce l’arte apprezzandone la pura bellezza, ammira i romanzi di Tolstoj e i film del regista giapponese Oz. Proprio questa passione per la cultura nipponica lega il filo del destino delle due protagoniste, aprendo uno squarcio sul loro mondo. E alcuni dettagli assumono un valore simbolico, come le camelie o una tazza di tè, che rappresentano “la contemplazione dell’eternità nel movimento stesso della vita”.
Perché questo titolo? Paloma lo spiega bene: “Madame Michel (Renée) ha l’eleganza del riccio – spiega Paloma -: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.”
Gli altri personaggi si muovo su due fronti opposti: quelli condannati alla cecità e a vivere la vita in superficie, e le persone vere. Tra i primi si trovano Colombe, la sciocca sorella di Paloma e il suo vacuo fidanzato Tibere, a cui fanno da contraltare altri due giovani con il dono dell’autenticità, Olympe, futura veterinaria, e Jean, sopravvissuto ad un triste destino di tossicodipendenza. C’è anche Manuela, l’unica vera amica di Renèe, cameriera portoghese a servizio di famiglie del condominio alto-borghese, che si distingue per un’autentica nobiltà di spirito, invisibile per chi non sa vedere, e dall’altro lato c’è la grettezza delle signore blasonate per le quali lavora. Sembra esserci una sorta di muro invalicabile tra le classi sociali che impedisce qualsiasi autentica comunicazione umana.
Infine arriva il signor Ozu, ricco giapponese dall’animo profondo e dallo sguardo capace di andare oltre le apparenze e cogliere immediatamente ciò che agli altri sfugge: con lui le maschere cadono e la vita si riappropria dei suoi spazi.
Un libro da gustare per la preziosità degli sguardi, delle considerazioni sulla vita e le persone, a tratti eccessivamente appesantito da qualche digressione intellettuale di troppo che l’autrice, docente di filosofia, non riesce a trattenere, ma che le si perdona perché è bello pensare (anche se non è proprio credibile) che possano esserci adolescenti tanto argute e portinaie di tale cultura, capaci di farci stupire e riflettere così. Oppure, perché no.
Un libro da gustare per la preziosità degli sguardi, delle considerazioni sulla vita e le persone, a tratti eccessivamente appesantito da qualche digressione intellettuale di troppo che l’autrice, docente di filosofia, non riesce a trattenere, ma che le si perdona perché è bello pensare (anche se non è proprio credibile) che possano esserci adolescenti tanto argute e portinaie di tale cultura, capaci di farci stupire e riflettere così. Oppure, perché no.