Non ho letto l’Arminuta, romanzo
pluripremiato e amato dal pubblico, e forse non l’ho fatto proprio per questo.
A volta oppongo rifiuti senza un valido motivo: l’Arminuta l’ho regalata, ripromettendomi
che in questo modo avrei chiesto il libro in prestito per leggerlo. Inaspettatamente,
hanno regalato a me il continuo di quella storia, Borgo Sud, il volume
rivestito con una striscia rossa: “L’Arminuta è cresciuta…”. A quel punto era
venuto il momento di conoscerla e, ammetto, all’inizio stavo un po’ sulle mie.
Poi le resistenze si sono sciolte e le pagine scorrevano una dopo l’altra. Sono
entrata nella storia immaginando un prima
che non avevo letto, lasciandomi prendere per mano dai personaggi. Ho visto gli
ambienti, l’entroterra abruzzese e il quartiere dei pescatori di Pescara, tratteggiati
con un linguaggio preciso ed essenziale. L’Abruzzo lascia un’impronta marcata e
mi sono accorta di riconoscerla in persone conosciute. In ogni pagina si
avverte l’odore del mare, che riempie il finestrino del treno ed evapora nelle
stanze di casa o per le strade del borgo.
I salti temporali, governati
con abile regia, consentono alla trama di delinearsi poco per volta, mantenendo
sempre alte curiosità e tensione emotiva: è un ricomposizione di ricordi che
inizia con l’arrivo di una telefonata che richiama la protagonista nella sua
terra. La notizia è grave, ma quasi fino alla fine non sappiamo cosa sia
successo. Le vicende delle due sorelle, legate da comuni radici e solitudine
familiare, si intersecano nella loro diversità, entrambe segnate da amori
sbagliati. Il libro si apre con una giornata di festa disturbata da un
improvviso temporale e da una goccia di sangue che macchia un vestito bianco,
dettaglio che in seguito sarà letto come “segno” di quanto avverrà. Rimane
qualcosa di irrisolto, proprio come nella vita.