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Borgo Sud, di Donatella di Pietrantonio

 

Non ho letto l’Arminuta, romanzo pluripremiato e amato dal pubblico, e forse non l’ho fatto proprio per questo. A volta oppongo rifiuti senza un valido motivo: l’Arminuta l’ho regalata, ripromettendomi che in questo modo avrei chiesto il libro in prestito per leggerlo. Inaspettatamente, hanno regalato a me il continuo di quella storia, Borgo Sud, il volume rivestito con una striscia rossa: “L’Arminuta è cresciuta…”. A quel punto era venuto il momento di conoscerla e, ammetto, all’inizio stavo un po’ sulle mie. Poi le resistenze si sono sciolte e le pagine scorrevano una dopo l’altra. Sono entrata nella storia immaginando un prima che non avevo letto, lasciandomi prendere per mano dai personaggi. Ho visto gli ambienti, l’entroterra abruzzese e il quartiere dei pescatori di Pescara, tratteggiati con un linguaggio preciso ed essenziale. L’Abruzzo lascia un’impronta marcata e mi sono accorta di riconoscerla in persone conosciute. In ogni pagina si avverte l’odore del mare, che riempie il finestrino del treno ed evapora nelle stanze di casa o per le strade del borgo.

I salti temporali, governati con abile regia, consentono alla trama di delinearsi poco per volta, mantenendo sempre alte curiosità e tensione emotiva: è un ricomposizione di ricordi che inizia con l’arrivo di una telefonata che richiama la protagonista nella sua terra. La notizia è grave, ma quasi fino alla fine non sappiamo cosa sia successo. Le vicende delle due sorelle, legate da comuni radici e solitudine familiare, si intersecano nella loro diversità, entrambe segnate da amori sbagliati. Il libro si apre con una giornata di festa disturbata da un improvviso temporale e da una goccia di sangue che macchia un vestito bianco, dettaglio che in seguito sarà letto come “segno” di quanto avverrà. Rimane qualcosa di irrisolto, proprio come nella vita.


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