Venditore Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano,
signore, almanacchi?
Passeggere Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore Si signore.
Passeggere Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere Come quest’anno passato?
Venditore Più più assai.
Passeggere Come quello di là?
Venditore Più più, illustrissimo.
Passeggere Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno
nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore Signor no, non mi piacerebbe.
[…]
Avevo iniziato il 2020 rileggendo un’operetta morale di
Leopardi, il Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggere. Ogni nuovo
anno porta con sé la speranza di essere migliore di quello che lo ha preceduto,
per poi trovarsi 365 giorni dopo a riformulare lo stesso desiderio. Questo anno
sembrava, dunque, iniziato come gli altri, ma ad un tratto ha deviato verso
strade totalmente sconosciute, facendoci rimpiangere qualunque altro anno
vissuto in precedenza, quando la vita scorreva normale. Nessuno appartenente alle ultime generazioni occidentali
ha mai sperimentato l’esperienza di vedere modificata la normalità. La
consideravamo immutabile, indiscutibile, quasi eterna. Invece tutto è cambiato.
Abbiamo imparato cos’è il distanziamento
sociale inteso come distanziamento
fisico: gli altri sono diventati i possibili portatori del virus. Abbiamo
toccato con mano la paura, benché non sia un’emozione nuova, è diventata
strutturale al contesto sociale in cui viviamo, con ovvie differenti
declinazioni di intensità da persona a persona. E’ una paura trasversale, che
ci tocca più o meno tutti, da quella per l’incolumità fisica e quella
economica. Si tratta di fare i conti con l’incertezza e trovarsi per la prima
volta dalla seconda guerra mondiale ad essere impreparati, nudi, presi in contropiede,
noi che credevamo di dominare il mondo. Ma cos’è la paura? E cos’è il coraggio?
Vito Mancuso ha scritto questo saggio su invito del suo editore facendo
confluire, in forma organica, alcuni suoi scritti pubblicati sui giornali per
cercare di contribuire all’elaborazione del trauma collettivo provocato dalla
pandemia.
Per cominciare, spiega
l’autore, occorre sfatare il pregiudizio che la paura sia sempre qualcosa di
negativo e il coraggio solo positivo. Senza paura questo diventa temerarietà e sottovalutazione
del pericolo. La paura si vince con la saggezza: ascoltandone le motivazioni,
la comprendiamo e possiamo vincerla. Che non vuol dire annullarla. La citazione
di Giovanni Falcone all’inizio del libro è significativa: “L’importante non
è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e
non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non
è più coraggio, è incoscienza”.
Nella seconda parte del saggio Mancuso riflette sul
concetto di coraggio, inteso come atto di forza morale, fondato sulla fiducia e
speranza, ma anche capace di diventare ottimismo operativo.
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