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I Medici. Una dinastia al potere, di Matteo Strukul


Mi incuriosiva l’idea di un romanzo avvincente su sfondo storico, ed in particolare il Quattrocento fiorentino con la famiglia dei Medici come protagonista. Cospirazioni e intrighi nel periodo del Rinascimento potevano essere ingredienti giusti per costruire una trama appassionate. Vincitore del Premio Bancarella, prometteva bene, peccato che la lettura si stia trascinando a fatica. E non per la complessità del testo, che è decisamente abbordabile per chiunque abbia almeno la quinta elementare, ma per la banalità delle situazioni e dei protagonisti, imprigionati in fastidiosi stereotipi: Cosimo, intelligente, abile nel muoversi in un contesto di intrighi e corruzione, ma buono nell’animo, buono come lo sono i personaggi delle favole, dove è tutto bianco e nero; Contessina, la moglie innamoratissima, sposata non per ragioni di potere o scelte famigliari ma per amore vero, puro, pronta a dare la vita per il suo uomo; il fratello Lorenzo, anche lui dalla parte dei buoni, non proprio in gamba come Cosimo, però una spalla su cui contare... E dall’altra parte i cattivi: in primis Rinaldo degli Albizzi, corruttore, violento, malvagio, temuto da tutti, che usa le donne senza rispetto, in particolare Laura, la cui bellezza oscura, quasi demoniaca, forgiata da un’infanzia di abusi, sembra orientata al male. Naturalmente sono i nemici giurati dei nostri protagonisti, i Medici, che invece sono persone ancorate ai valori importanti, quelli che contano davvero, come la famiglia e gli affetti, che amano l’arte e sono i veri mecenati di Firenze. Cosimo ha certamente contribuito a creare quelle bellezze artistiche che ancora oggi possiamo ammirare nella città toscana, soprattutto la cupola di Santa Maria del Fiore, realizzata da Filippo Brunelleschi, personaggio che incontriamo nel libro e sembra appartenere ad un’altra dimensione, tanto è preso dalla sua opera che diventa persino immune alla peste che attraversa come una mannaia la città. Ad infastidirmi di più sono le figure femminili di questo romanzo, rappresentate nella piatta ambivalenza di bellezze dannate, capaci di usare la seduzione per manipolare gli uomini, oppure come mogli devote e innamorate. Donne demoniache o donne angelo. In entrambi i casi, sono al servizio dei protagonisti maschili che primeggiano. Non si tratta, certo, di considerazioni di stampo vetero-femminista e il punto non è nemmeno la veridicità storica, che confermerebbe la condizione di subalternità femminile del periodo, ma piuttosto l’evidenza disarmante della banalità dei personaggi e delle loro storie.

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