Un racconto in nero, com’è definito nella raccolta “Stesso sangue” dedicata al noir nella quale è contenuto, scritto a quattro mani. Ci immergiamo nelle atmosfere del primo periodo fascista in un’Italia che poco per volta sta scivolando verso la perdita della libertà e la catastrofe della guerra. La storia è ambientata nell’Appennino tosco-emiliano, nei luoghi di villeggiatura dell’alta borghesia bolognese: dietro a centri termali, cinematografi e sciroppi all’Amarena Fabbri, si nascondono torbide situazioni e oscuri conflitti tra chi è pro e chi contro il regime. Al giovane maresciallo Santovito, in cui traspare una crescente avversione al fascismo, è affidata segretamente l’indagine per scoprire se l’incidente d’auto costato la vita al giovane camerata Romano Pareschi sia in realtà un omicidio politico. Il confine con il male, la deriva totalitarista che spazza via ogni ingenuità dei giovani dell’epoca, sono le note dominanti di un racconto coinvolgente dalla prima all’ultima riga.
Arturo ed Elide sono due giovani sposi, entrambi operai, e a causa dei turni di lavoro sfasati non riescono a incontrarsi che per brevi attimi ogni giorno, quando uno entra in casa e l’altro sta per uscire. La loro vita è, dunque, scandita dagli orari della fabbrica, caratterizzata da azioni abitudinarie e ripetitive che si caricano però di struggente intensità, garbatamente colta e acutamente espressa dall a voce dello scrittore ligure. Vale la pena riportare alcuni passi in cui la descrizione realistica di piccole azioni e gesti quotidiani si carica di un phatos commovente e persino drammatico, come in una pellicola neorealista. L’intensità dei fuggevoli sguardi, le piccole carezze, la presenza nell’assenza, i sentimenti trattenuti, non possono lasciare indifferente chi conosce l’emozione dell’amore. Forse, Arturo ed Elide, imprigionati dal condizionamento del turno in fabbrica, diventano l’emblema di tutte le coppie e del loro eterno desiderio di ritrovarsi. “
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