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La ragazza che giocava con il fuoco, di Stieg Larsson


750 pagine fitte di parole, fatti e personaggi che si intersecano fino a comporre un disegno che si rivela fino in fondo soltanto alla fine, tenendo incollato il lettore come già era avvenuto con il primo romanzo della trilogia di Stieg Larsson, Millenium, ovvero “Uomini che odiano le donne”. “La ragazza che giocava con il fuoco” è un romanzo che vive di vita propria, ma indubbiamente trae ulteriore forza dal contesto del precedente, senza averne necessariamente bisogno. In Millennium abbiamo avuto prova delle straordinarie qualità ma anche dei lati oscuri di Lisbeth Salander, giovane hacker dotata di un’intelligenza fuori dal comune con evidenti problemi di relazione con il resto del mondo; soltanto nel secondo romanzo conosciamo la sua storia e il perché di una personalità tanto complessa.
E’ un romanzo poliziesco dalle tinte sociali ed etiche perché ruota ancora una volta attorno al tema delle donne maltrattate. A completare la figura di Lisbeth c’è sempre Mikael Blomkvist, giornalista di Millennium, la rivista a cui si riferisce l’intera trilogia, un idealista fermamente convinto nel potere-dovere di denuncia da parte dei mass media. In questo caso la vicenda che si appresta a trattare è una storia di traffincking che coinvolge giovani donne dell’est Europa, costrette a prostituirsi e riguarda loschi individui ma anche nomi insospettabili dell’establishment. Una bomba che sta per scoppiare davanti all’opinione pubblica svedese ma la cui miccia sembra improvvisamente spegnersi a causa di altri gravissimi fatti di cronaca che finiscono per intrecciarsi con la vita di Lisbeth, rivelando il quadro del suo passato. Le istituzioni traballano e chi aveva il compito di proteggere, si fa complice degli aguzzini.
La venticinquenne tatuata e con i piercing, di costituzione minuta ma capace di tirare pugni come un giocatore di box, bisessuale, capace di risolvere sofisticati enigmi matematici e di infiltrarsi nei sistemi informatici più protetti, giudicata mentalmente instabile e socialmente alienata, è costretta a farsi giustizia da sola, ribaltando qualsiasi pregiudizio e luogo comune. Un ristretto gruppo di persone amiche, che rifiuta la logica delle apparenze, non ha mai smesso di credere in lei e lascia intravedere, oltre Tutto il Male che le è successo, che in questa società qualcosa di buono è rimasto.


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