Non so se i miei gusti in fatto
di libri stiano diventando troppo difficili, ma ultimamente fatico a non
trovare difetti in quello che leggo. Troppo spesso rimango delusa. Aspettative
eccessive? Anche quest’ultima lettura, “Le scelte che non hai fatto”, di Maria
Perosino, l’ho iniziata perché il tema è uno di quelli che da sempre mi intriga.
Le celebri “sliding doors” mi hanno affascinato quando ho visto per la prima
volta il film con Gwyneth Paltrow: che il destino di una persona possa cambiare
se si perde una metropolitana o per un qualunque altro banale gesto quotidiano,
è un fattore a cui nessuno può sottrarsi, ma le scelte sono qualcosa di
diverso. Sono difficili, spesso sofferte, a volte inevitabili, ponderate o
impulsive, ma portano sempre e comunque effetti e conseguenze. Per questo motivo
sorge spontanea la domanda: “Se avessi scelto l’altra strada, come sarebbe
andata?”
Il libro intende indagare questo
aspetto del tema: cosa succederebbe se potessimo seguire le persone che non
siamo state, le vite a cui abbiamo rinunciato e poterci parlare, magari
invitandole a cena? L’input è suggestivo, decisamente. La cena, che mi sembrava
un piccolo pretesto narrativo, in realtà assume nel libro un peso preponderante,
al punto da dovermi sorbire lunghi e dettagliati elenchi di menù dal valore più
o meno psicanalitico e la descrizione di strambe sedute da una pseudo-psicologa
travestita da pseudo-dietologa dal ridicolo nome di Orsetta Negroni Merri. Ma
perché? Perché? Le storie che la scrittrice tenta di imbastire, pur tra troppe
digressioni, potrebbero essere anche interessanti e piacevoli, ben scritte,
però il tutto mi dà l’idea di pagine di un diario cucite forzatamente insieme.
Per non parlare delle digressioni, appunto, dell’arte della procrastinazione,
come teorizza la stessa autrice: aprire continue parentesi senza arrivare al
punto sarebbe, dunque, una scelta ben precisa e consapevole. Insomma, direi che
la presentazione in copertina del libro potrebbe essere tacciata di pubblicità
ingannevole perché qui le scelte che non abbiamo fatto mi sembrano più una
banale scusa per non arrivare al dunque, anche se alla fine l'obiettivo dell'autrice sembra semplicemente quello di autoconvincersi che rifarebbe tutte le scelte fatte.
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