Passa ai contenuti principali

Pastorale americana, di Philip Roth

 
Il rovesciamento di un ideale di vita, di un sogno cullato da due generazioni: la prima che è partita dal nulla e ne ha creato le condizioni per la crescita e la seconda che ha avuto la possibilità di andare oltre e godere delle opportunità offerte su un piatto d’oro. Il sogno americano, la “pastorale”, si infrange miseramente e senza un perché con la terza generazione, che avrebbe avuto tutto estremamente facile e a portata di mano e non solo rinuncia a tutto, ma lo rifiuta con disprezzo. Pastorale americana è il racconto di una famiglia ebrea arrivata negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale, di uno dei figli che ha incarnato il mito delle infinite possibilità che si aprivano da lì in poi: Seymour Levov, lo Svedese, così com’era chiamato fin da ragazzo, era alto, biondo e con un fisico perfetto, dal talento sportivo fuori dal comune, al punto da farlo diventare davvero un eroe nella scuola e nel quartiere in cui viveva. Una fucina di potenzialità tutte da esprimere in uno dei momenti storici più propizi, in cui davvero tutto era possibile (o almeno sembrava possibile).

La storia inizia con il deludente incontro tra Zuckerman, voce narrante, e lo stesso Svedese, entrambi oltre la sessantina. E’ Zuckerman, diventato scrittore, che racconta la storia ripartendo dal passato, quando il suo compagno Jerry Levov era solo il fratello dello Svedese. Ai suoi occhi, lo Svedese di oggi è una persona banale che ha condotto una vita assolutamente conformista, pur nella sua perfezione: è un uomo di successo, con una bella famiglia, ricco grazie alla fabbrica di guanti ereditata dal padre a cui si è dedicato con impegno. Niente a che vedere con il mito che era, nulla rispetto a ciò che avrebbe potuto essere. Ma mai il giudizio fu più sbagliato: “Lotti contro la superficialità, la tua faciloneria, per cercare di accostarti alla gente senza aspettative illusorie, senza un carico eccessivo di pregiudizi […] La capisci male prima di incontrarla, mentre pregusti il momento in cui l’incontrerai; la capisci male mentre sei con lei; e poi vai a casa, parli con qualcun altro dell’incontro e scopri ancora una volta di aver travisato. […] tutta la faccenda è […] una sbalorditiva commedia degli equivoci”.”

Come può l’America che si autoeleva a simbolo di virtù, del bene e della ragione trasformarsi in un mostro che divora i suoi stessi figli? Come può nascondere un malessere tanto profondo e non controllabile? Tolti i miti dello sport, della guerra e delle reginette di bellezza, rimane un paese nudo, immaturo e incapace di capirsi. Perché è accaduto all’uomo che è cresciuto nell’idea di questa vita perfetta e ideale, che ha incarnato egli stesso questa perfezione anche a livello di valori e comportamenti verso gli altri, generare una figlia diventata terrorista, barbona e vagabonda, passata da una rabbia cieca verso la terra in cui è nata a un limbo che rifiuta ogni rapporto con il suo passato e le sue radici? E’ sufficiente spiegarlo con il particolare momento storico, la guerra in Vietnam e la contestazione giovanile degli anni Sessanta? Oppure c’è dell’altro? Tutto questo porterà lo Svedese ad una profonda, lacerante e continua serie di domande sulla sua esistenza per capire dov’è stato l’errore, da dove si è spaccato tutto. Eppure lo Svedese è colui che ha sempre fatto “la cosa giusta”, così come gli rinfaccia spietatamente il fratello Jerry, tanto diverso da lui. Forse la crepa è partita proprio da lì. “Credi di sapere cos’è un uomo? – urla Jerry al telefono. - Tu non hai idea di cos’è un uomo. Credi di sapere cos’è una figlia? Tu non hai idea di cos’è una figlia. Credi di sapere cos’è questo paese? Tu non hai idea di cos’è questo paese. Hai un’immagine falsa di ogni cosa.”

Ognuno ha un’immagine di sé stesso e degli altri che però non corrisponde alla realtà. Il confronto è difficile, a volte impossibile, fino a quando i fatti non ci obbligano a guardare in faccia la vita così com’è: il padre non riesce a capire perché sua figlia Merry è diventata quella che è, come sia nato un essere tanto diverso da lui e sua moglie. Lo Svedese ha passato la vita a cercare di tenere insieme tutto, a fare ciò che gli altri volevano che facesse, a dire e a pensare quello che era giusto dire e pensare. Ad essere tollerante, a controllarsi, ad eliminare ogni forma di aggressività, a rispettare le regole. A nascondersi, gli dice il fratello. Dato che le sue certezze non vengono mai meno, deve cercare lo sbaglio in sé stesso o un colpevole, un motivo che ha portato a tutto ciò.

La scrittura di Roth è densa, inizialmente difficile da digerire, ma poco la volta entra dentro, talmente dentro da coinvolgere il lettore che non si sia arreso alle prime difficoltà.

Post popolari in questo blog

L’avventura di due sposi, Gli amori difficili di Italo Calvino

Arturo ed Elide sono due giovani sposi, entrambi operai, e a causa dei turni di lavoro sfasati non riescono a incontrarsi che per brevi attimi ogni giorno, quando uno entra in casa e l’altro sta per uscire. La loro vita è, dunque, scandita dagli orari della fabbrica, caratterizzata da azioni abitudinarie e ripetitive che si caricano però di struggente intensità, garbatamente colta e acutamente espressa dall a voce dello scrittore ligure. Vale la pena riportare alcuni passi in cui la descrizione realistica di piccole azioni e gesti quotidiani si carica di un phatos commovente e persino drammatico, come in una pellicola neorealista. L’intensità dei fuggevoli sguardi, le piccole carezze, la presenza nell’assenza, i sentimenti trattenuti, non possono lasciare indifferente chi conosce l’emozione dell’amore. Forse, Arturo ed Elide, imprigionati dal condizionamento del turno in fabbrica, diventano l’emblema di tutte le coppie e del loro eterno desiderio di ritrovarsi. “

Lo scudo di Talos, di Valerio Massimo Manfredi

Un viaggio nella storia antica insieme a Valerio Massimo Manfredi, scrittore e archeologo, che ha creato personaggi affascinanti e nel contempo verosimili, per rivivere in un’avvincente lettura alcuni degli episodi più significativi di un remoto passato. Segue la descrizione della prima parte del libro, con l’obiettivo di stimolare la curiosità da parte del lettore che vorrà poi arrivare fino all’ultima pagina. Ambientato a Sparta, la storia inizia poco prima delle guerre persiane. Protagonista è Talos, figlio di uno spartiato, Aristarchos, abbandonato nel bosco da piccolo perché nato con un piede zoppo. Il bambino non sa nulla delle sue origini e viene ritrovato da Kritolaos un vecchio pastore Ilota, che lo cresce come un figlio. Kritolaos svelerà a Talos di essere il custode dell’armatura di Aristodemo, re dei Messeni, il popolo da cui provengono gli Iloti, senza svelargli fino in fondo il suo segreto. Il vecchio regala a Talos l’arco che fu del mitico Re e inizia ad ins

Hanno tutti ragione, di Paolo Sorrentino

Paolo Sorrentino che scrive è un altro. Non è il regista, nonostante la parentela con la malinconia, la propensione al tempo rallentato e alla divagazione. Personalmente, preferisco lo scrittore, dotato di una sagace ironia che non percepisco nei film, anche se qui, nella parola scritta, si trovano già tutti i temi che verranno sviluppati in ambito cinematografico, come quello della vecchiaia, che attraversa tutto il libro, e l'anticipazione del clima estenuato della Roma de La grande bellezza. Tony Pagoda docet, alternando geniali intuizioni e spericolate metafore in un discorso praticamente senza congiuntivi e con una punteggiatura creativa. Tony segue il suo ritmo. Ecco qualche frammento tratto da Hanno tutti ragione. "Non sopporto i fidanzati, poiché ingombrano. Non sopporto le fidanzate, poiché intervengono. Non sopporto quelli di ampie vedute, tolleranti e spregiudicati. Sempre corretti. Sempre perfetti. Sempre ineccepibili. Tutto consentito, tranne l'omicidio