Leggendo questo libro ho avuto l’impressione di vedere crescere un
albero con un proliferare di ramificazioni che si sono sviluppate a dismisura.
Quasi fuori controllo. La storia, ambientata a Bellagio, un paese sul Lago di
Como, è diventa un po’ alla volta un affresco colmo di vicende ricche di
dettagli, divertenti fraintendimenti, e personaggi dai tratti talmente delineati
che pare quasi di poter toccare. E’ un ritratto preciso e al tempo stesso
leggero della provincia italiana nel ventennio fascista: peccato si perda di
vista il nucleo del racconto, sommerso da tutte le altre storie che crescono,
accavallandosi le une sulle altre. Sovrabbondanti. Vitali ha sicuramente
un’invidiabile capacità affabulatoria e una distintiva originalità nell’aprire
e chiudere i capitoli, come fossero infilati in una lunga catena.
Comincia con la morte della novantenne vedova Fioravanti per apparenti cause naturali, ma poi la faccenda si complica all'apparire dei vari personaggi, tra cui il Crociati, un cacciatore che non
si rassegna ad aver perso la vista, la Luigina Piovati, nota come l'Uselànda (esperta in… ornitologia),
Eufrasia Sofistrà, capace di leggere il destino e predire i numeri del lotto. Ad
animare la quiete paesana ci pensano quattro giovani sfaccendati, sempre nei
guai, con conseguenze dirette e indirette sugli altri personaggi di Bellagio, come il Risto e Ludovico, detto Cucco, fratello di Filzina, di manzoniana memoria, piccola, pallida, ligia al dovere e
alla famiglia, dedita alla carità. Tra i più riusciti, il maresciallo Ernesto Maccadò,
approdato sulle rive del lago con moglie dalla profonda Calabria, impegnato a fare figli e piccoli sgarbi al regime, il podestà Bonaccorsi, afflitto
dalle inquietanti fantasie della sua squilibrata consorte Dilenia Settembrelli, che parla con la sorella
morta… Non solo gli uomini, ma anche gli animali, come i gatti e i piccioni,
hanno un ruolo determinante nel gioco dei destini incrociati. C’è da perdersi.