Enaiatollah è un bambino afghano
di dieci anni che viene abbandonato dalla madre la quale, con questo gesto
disperato, vuole proteggerlo. Suo padre è morto lavorando e il
carico del camion che guidava è andato distrutto. Il debito è ricaduto sulla
sua famiglia e come risarcimento il datore di lavoro vuole prendersi suo figlio
maggiore. La madre lo ha nascosto dal padrone e dai talebani fin che ha potuto,
poi lo ha accompagnato in una città del Pakistan dove lo ha abbandonato. Però
gli fa promettere tre cose prima di lasciarlo: non usare mai droghe e armi, non rubare e non truffare gli altri.
Da quel momento per Enaiat
finisce bruscamente l’infanzia e inizia un duro periodo in cui impara a
sopravvivere adattandosi alle situazioni più dure, viaggiando con i trafficanti
di uomini: in Pakistan lavora senza paga, solo per avere un posto dove dormire
e fa il venditore ambulante; in Iran diventa muratore e tagliatore di pietre;
poi si sposta in Turchia, dopo un viaggio in condizioni atroci e disumane, attraversando a piedi le montagne e passando 3 giorni chiuso nella doppia stiva di
un camion. Dopo una breve permanenza a Istanbul, arriva in Grecia su un piccolo
gommone insieme ad altri ragazzini come lui, spaventati dall’idea che nel mare
ci possano essere i coccodrilli. Viaggiano di notte, senza saper nuotare e uno
di loro finisce annegato. Anche la
Grecia non sembra offrire granché ad Enaiat, che continua
dormire nei parchi e fa qualche lavoro in nero: la vita da clandestino sembra
senza speranza. Decide così di ripartire ancora una volta e sale
clandestinamente su una nave: questa volta arriva in Italia, a Venezia.
Qui tutto sembra cambiare: riesce
a contattare un amico, Payam, che raggiunge a Torino. Lui lo aiuta facendolo
accogliere presso una famiglia in attesa che si liberi un centro di accoglienza
per minori. Per la prima volta, Enaiat, che nel frattempo ha circa 15 anni,
scopre il calore familiare. Il centro di accoglienza non piace al ragazzo,
anche se qui può iniziare a studiare e imparare l’italiano. Marco e Danila nel
frattempo fanno le pratiche per l’affido. Finalmente Enaiat può vivere una vita
adatta alla sua età e trovare un po’ di serenità.
Il libro si chiude quando lui
riesce a ottenere il permesso di soggiorno come rifugiato politico e a quel
punto telefona per la prima volta a sua madre, dopo 8 anni dalla separazione.
La madre quando lo sente al telefono non riesce nemmeno a parlare per
l’emozione.
Cosa colpisce di questo libro? Il
fatto che sia una storia vera.