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Acciaio, di Silvia Avallone


Due amiche, cresciute insieme come sorelle in un quartiere operaio della Piombino delle acciaierie, quelle che emergono come un mostruoso castello meccanico agli occhi dei turisti diretti all’isola d’Elba, sono le protagoniste di un romanzo molto “vivo”, coinvolgente per la capacità della scrittrice di rendere reali, “vivi” appunto, i personaggi che lì, in quel quadro, si muovono nelle loro vite. Anna e Francesca hanno quasi 14 anni e tutto da scoprire: all’inizio le troviamo in una spiaggia a ridere e scherzare insieme ad altri ragazzi, con la malizia di allegre adolescenti, leggere ma consapevoli del potenziale effetto della loro bellezza che sta sbocciando. Subito però vediamo il retroscena che le accompagna, ovvero lo sfondo degradato della periferia di via Stalingrado, descritta con tocchi quasi fotografici. Fotografie in bianco e nero, nonostante i colori di Anna e Francesca, una bruna e l’altra bionda.

Emergono le loro famiglie e le figure degli amici che ruotano attorno a loro. Il padre di Francesca, stolto e violento energumeno infatuato della figlia, possessivo al punto da picchiarla ripetutamente, e la madre, grigia e rassegnata, colpevole di non avere la forza di fare nulla. La famiglia di Anna è retta dalla madre, operaia impegnata politicamente. Ci sono il fratello Alessio, operaio assunto all’acciaieria Lucchini che per “resistere” ad una vita già dura e definita tira di coca, e il padre assente, un piccolo delinquente con manie di grandezza. Poi ci sono Cristiano, amico d’infanzia di Alessio, diventato padre per sbaglio alle prese con le contraddizioni di un ruolo a cui non è pronto, e Lisa, coetanea delle due protagoniste, brutta e goffa che inizialmente le guarda dai margini ma che rivelerà una notevole capacità di visione. Alessio è una figura che emerge per i connotati che ne fanno un personaggio rappresentativo di una realtà a cui è difficile sfuggire: è bello ma fa l’operaio, non l’attore a Canale Cinque; a differenza del padre, non vuole scappare da doveri e responsabilità, ma non ha le illusioni ideologiche della madre. E’ ammirato nel quartiere e si atteggia a leader del branco, però rimane legato a Elena, il suo primo e grande amore, dalla quale è separato per ragioni sociali e culturali: lei è infatti figlia di un medico, studia e lascia la città per frequentare l’Università.

Anna e Francesca si vogliono bene come sorelle, forse di più: ad unirle è proprio il contesto nel quale sono nate e cresciute, ma la prima è aperta agli altri, guarda al futuro con la voglia di farcela, di “cambiare il mondo”, mentre l’altra non riesce a vedere al di là di questi angusti orizzonti. Durante l’estate del 2001, poco prima dell’11 settembre, avviene la metamorfosi e le loro strade, improvvisamente si dividono: Anna conosce Mattia, un amico del fratello, e vive un’intensa esperienza amorosa, mentre Francesca si scopre attratta dalla sua amica. La situazione muta completamente con Anna, fidanzata e iscritta al liceo classico, e Francesca che abbandona la scuola professionale per accudire il padre, diventato ritardato a causa di un incidente, e di notte segue un inconsistente sogno di gloria diventando ballerina di lap dance, chiusa nel rimpianto dell’amicizia perduta.

“Non è qualcosa che perdi. E’ qualcosa che perde te”, dirà ad un certo punto Anna a se stessa, sdraiata sulla spiaggia l’estate seguente, con il fidanzato Mattia seduto di fianco pronto a stendere sull’asciugamano un tris di carte. A Mattia tocca il ruolo di colui che divide, inconsapevolmente, le amiche ma avrà anche un’altra colpa. Non dirò del finale, perché questo è un libro che vale la pena leggere. Il filo della trama non limiterà il piacere della lettura: spero invece la invoglierà.


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